L’obesità, la gravidanza, l’età avanzata, l’assunzione di farmaci e di certi cibi possono portare a una condizione chiamata GERD: la malattia da reflusso gastroesofageo (GastroEsophageal Reflux Disease).

Vi sono alcuni prodotti industriali come ad esempio succhi di frutta, prodotti a base di pomodoro elaborati, condimenti eccessivamente piccanti e alcuni agrumi che, nei soggetti predisposti a questa patologia, possono irritare l’epitelio esofageo.
L’irritazione dell’epitelio esofageo può degenerare in esofagite, che consiste nell’infiammazione del rivestimento epiteliale squamoso stratificato dell’esofago. L’evento che si palesa in modo più ricorrente è il cedimento dello sfintere esofageo inferiore, che consente il reflusso del contenuto acido dello stomaco nell’esofago.
Questo provoca un bruciore al petto, spesso chiamato bruciore di stomaco, che viene paragonato al dolore di un attacco di cuore. L’inalazione del contenuto acido dello stomaco dall’esofago può portare anche a complicazioni polmonari causando asma e rendendo più difficoltosa la respirazione.

Quando gli episodi da acuti diventano cronici e ricorrenti conducono alla sopracitata GERD.
Per gestire i disagi, si ricorre solitamente al trattamento farmacologico “antiacido”, che aiuta a basificare l’acidità dei succhi gastrici.
L’utilizzo di questi farmaci si è diffuso in maniera sproporzionata, spesso al di là delle reali necessità. Le ragioni alla base possono essere molte: disinformazione, facilità di reperimento, abitudine all’automedicazione; ma anche l’errata convinzione del “tanto male non fa”, incoraggiata forse anche dal nome stesso “gastroprotettori”, che fa pensare a qualcosa che protegge e dunque non può certo danneggiare. Sta di fatto che molto spesso il ricorso a questi farmaci risulta di gran lunga superiore al necessario.

Perché l’antiacido non basta contro il reflusso gastroesofageo?
Come dice il nome stesso, gli antiacidi sono farmaci che agiscono contrastando l’acidità che caratterizza l’ambiente gastrico, ossia l’interno dello stomaco.
Non sempre però questa risulta essere una terapia funzionale poiché gli antiacidi sono trattamenti con inibitori di pompa protonica (IPP), che alterano la composizione del microbioma, riducendone la biodiversità. È stato dimostrato che basificando l’acidità dei nostri succhi gastrici (a base di acido cloridrico) si finisce infatti per rendere più semplice ai patogeni che inevitabilmente ingeriamo il passaggio all’interno del nostro intestino, predisponendolo nel tempo a forti disbiosi intestinali.
In caso di uso prolungato, questi farmaci possono causare altresì alcuni disturbi, tra cui l’ipomagnesemia con scompensi elettrolitici e ossei e con conseguente comparsa di crampi o aritmie.
Perché è importante che lo stomaco mantenga un ph acido?
Il pH è un indicatore dell’acidità di una determinata soluzione e si esprime come valore numerico, in una scala che va da zero a 14: valori molto bassi indicano un’elevata acidità. Questa acidità è fondamentale sia per il processo digestivo, in particolare per la digestione delle proteine che hanno bisogno di un ambiente acido per poter essere correttamente spezzate in frammenti più piccoli, disponibili poi per l’assorbimento, sia per il mantenimento di un microbiota efficiente.

L’acidità gastrica ha una importante funzione antibatterica (funzione difensiva): funziona contro i batteri o i microrganismi che entrano nel nostro corpo attraverso il cibo (magari con frutta e verdura non correttamente lavate, carne o pesce non ben cotti, …), efficacemente inattivati dall’acidità dello stomaco, che crea un ambiente sfavorevole alla loro sopravvivenza. Se però questa acidità viene ridotta, si rischia che i microrganismi arrivino vitali all’intestino e qui, grazie alle condizioni di pH decisamente più favorevoli, lo colonizzino, entrando in competizione con il nostro microbiota e creando squilibri che potrebbero avere ripercussioni serie sulla nostra salute.
L’equilibrio del microbiota intestinale è fondamentale per una serie di funzioni a partire da quelle immunitarie, per arrivare all’assorbimento degli alimenti alla digestione stessa.

Secondo uno studio recente dei ricercatori dello University College di Londra e dell’Università di Dundee in Scozia le persone che fanno uso cronico di inibitori della pompa protonica correrebbero un rischio 4 volte maggiore di andare incontro a intossicazioni alimentari proprio perché privati di questo primo e importante meccanismo di difesa rappresentato dall’acidità gastrica.
Se l’utilizzo di un antiacido diventa un’abitudine, il rischio è quindi quello di mantenere costantemente l’acidità a un livello inferiore rispetto al necessario e compromettere così in modo continuativo l’ambiente intestinale e le sue molteplici funzioni.
Reflusso: si può prevenire?
Molti problemi del tratto digerente non dipendono da cause sconosciute, ereditarie o sulle quali non possiamo intervenire, ma sono legati allo stile di vita e ad abitudini alimentari scorrette: mangiamo di corsa, male, davanti alla tv o al pc, non mastichiamo a sufficienza. Comportamenti che possiamo evitare.

Anche se la soluzione più frequente è ricorrere ai medicinali, è bene dire che esistono numerosi rimedi naturali per il reflusso gastroesofageo, quantomeno nelle forme leggere. Conviene intervenire in modo meno drastico e cercare di risalire prima di tutto alla causa del disturbo.
L’abitudine, ormai consolidata, a “spegnere” il disturbo schiacciando un bottone, non ci permette di ascoltare ciò che il corpo ci sta dicendo con quel sintomo. Se ci sono situazioni di disagio protratte nel tempo, per le quali invece di approfondire la causa e quindi risolvere a monte il problema, si preferisce mettere a tacere il sintomo e ignorare la causa assumendo un farmaco miracoloso è spesso un grave errore in ogni circostanza.
La prima cosa da fare per ridurre il rischio di reflusso è quella di dimagrire. Inoltre è sconsigliato usare abiti attillati che stringano in vita.
È opportuno fare attività fisica che non comporti troppo l’uso dei muscoli addominali che creano un aumento di pressione all’interno dello stomaco favorendo il reflusso.
Evitare, alla comparsa dei primi sintomi, alcuni alimenti come fritti, dolci e cioccolato. Sono inoltre sconsigliati pomodori, succhi di frutta, agrumi, aceto, menta, menta piperita, e naturalmente le bevande gassate.
Sia le banane che le mele contengono antiacidi naturali che possono aiutare ad alleviare o prevenire l’insorgenza di reflusso acido. Masticare liquirizia aiuta anche a stimolare la produzione di enzimi, consentendo una digestione più facile e veloce. Anche mirtillo e papaya, consumate nelle giuste dosi, rappresentano ottimi alleati per il trattamento del reflusso

Il miglior trattamento per evitare il reflusso prevede di mantenere un peso nella norma, smettere di fumare, cambiare stile alimentare, evitare alcolici e mangiare pasti in dosi contenute, cercando di rimanere svegli per almeno due ore dopo aver mangiato, cercando il più possibile di mantenere una posizione dritta che favorisca il transito del cibo.