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Vitamina D

La scoperta della vitamina D risale al 1919 quando Huldschinsky osservò che bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce ultravioletta, da qui definita vitamina antirachitica.

Il nostro organismo è capace di produrre in modo endogeno il colecalciferolo (vit D3) a livello della pelle, partendo dal colesterolo (grasso), attraverso una reazione chimica che dipende dall’esposizione alla luce solare.

Purtroppo è risaputo che non tutti restano esposti ai raggi solari quanto basta per poter soddisfare il fabbisogno di questa importantissima vitamina.

La quantità di vitamina D contenuta negli alimenti è scarsa. Sono pochi gli alimenti in cui la troviamo: Salmone, latte, uova, olio di fegato di merluzzo. Secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità, il 90 per cento del fabbisogno di questo composto si ottiene grazie all’esposizione al sole.

Cosa è esattamente la Vitamina D?

Quando parliamo della Vitamina D non stiamo parlando di una semplice vitamina, ma di un vero e proprio ormone, anzi un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituiti da 5 diverse varianti: vitamina D1, D2, D3, D4 e D5. Le due più importanti forme in cui la vitamina D si può trovare sono la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo o 1,25-diidrossivitamina D), entrambe dall’attività biologica molto simile.

La forma più conosciuta è la D3 detta Colecalciferolo.

La particolarità della Vitamina D è quella di agire secondo le caratteristiche proprie degli ormoni steroidei, infatti entra nella cellula e si va a legare a un recettore nucleare che va a stimolare la produzione di varie proteine, specie i trasportatori del calcio. Il recettore non si trova solo a livello delle cellule dell’apparato scheletrico, ma anche in molti altri tipi cellulari, da quelli del sistema immunitario a quelli di stomaco, rene, prostata e cervello. Non c’è quindi da stupirsi se gli effetti della vitamina D interessino così tanti aspetti della salute umana.

La regolazione dei livelli di calcio (e fosforo) nell’organismo avviene insieme all’azione di due importanti ormoni: la calcitonina ed il paratormone, rispettivamente prodotti da Tiroide e Paratiroide.

La calcitonina, prodotta dalle parafollicolari della Tiroide, agisce a livello osseo e renale, esercitando funzioni opposte a quelle dal paratormone.

Ha il compito di stimolare il riassorbimento del calcio, favorendone la deposizione nelle ossa. Pertanto si oppone al rialzo eccessivo della calcemia aumentando la mineralizzazione ossea.

Il paratormone invece ha come ruolo principale quello di mantenere costante la concentrazione del calcio nel circolo ematico (detta calcemia). Normalmente, quando i livelli di calcio nel sangue diminuiscono, le paratiroidi rilasciano questo ormone, che determina aumenti della calcemia agendo con tre diverse modalità:

  • Promuove il rilascio di calcio dalle ossa nel circolo ematico;
  • Favorisce l’assorbimento intestinale del calcio (attraverso la vitamina D);
  • Agisce sui reni, diminuendo l’eliminazione di calcio attraverso le urine.

Da notare quindi quanto sia rilevante l’importanza della vitamina D nel dialogo ormonale endocrino che regola la mineralizzazione corporea.

A cosa serve la Vitamina D?

La vitamina D è essenziale per la salute dell’apparato scheletrico, poiché serve ad assorbire il calcio, elemento prezioso per avere ossa forti. Favorisce il riassorbimento di calcio a livello renale e l’assorbimento intestinale di fosforo e calcio. Favorisce i processi di mineralizzazione dell’osso e anche di differenziazione di alcune linee cellulari e in alcune funzioni neuromuscolari.

Numerosi studi hanno inoltre dimostrato che la vitamina D migliora la densità minerale delle ossa, aiuta a prevenire le fratture negli anziani e nelle donne dopo la menopausa ed è anche fondamentale per sostenere il corretto sviluppo dei più piccoli. La densità ossea ottimale comunque si costruisce soprattutto durante l’arco dell’intera vita, anche attraverso l’esercizio fisico.

La vitamina D inibisce l’infiammazione, stimola la produzione di anticorpi e di macrofagi, il che la renderebbe utile nella prevenzione delle malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, il diabete di tipo 1, la sclerosi multipla. Inoltre alcuni studi hanno associato la carenza di vitamina D ad un maggior rischio di Alzheimer, di Parkinson e di depressione negli anziani. I ricercatori stanno valutando il potenziale ruolo della vitamina D anche nella prevenzione e cura dell’influenza stagionale.

La vitamina D sembra migliorare la forza muscolare in alcuni studi dove sono stati coinvolti gruppi di atleti. Può inoltre essere utile per prevenire la depressione e il suo peggioramento, dato che è coinvolta nelle funzioni nervose. Inoltre, aiuta a ridurre le crisi asmatiche e la psoriasi.

Studi di laboratorio hanno dimostrato che la vitamina D è coinvolta in processi importanti anche per lo sviluppo e la progressione di tumori, come l’infiammazione, la crescita cellulare, il metabolismo del glucosio e il funzionamento del sistema immunitario. Inoltre, molti geni che regolano la proliferazione, la differenziazione e la morte programmata (apoptosi) delle cellule sono modulati almeno in parte dalla vitamina D.

Recentemente, a novembre 2020, sono stati pubblicati su JAMA Network Open i risultati dello studio VITAL, dai quali emerge che assumere integratori alimentari a base di vitamina D riduce l’incidenza di tumori in stadio avanzato e che questo effetto è più forte in chi non è obeso.

Infine, ma non certo meno importante, si sta studiando il legame tra vitamina D e microbiota intestinale, l’insieme dei microbi che popolano l’intestino.

Esiste una correlazione fra bassa concentrazione di vitamina D e il COVID-19 in forme gravi

L’interesse dei ricercatori e dei media si è concentrato sulle proprietà di questa vitamina nell’ultimo anno, complice la pandemia di coronavirus e il potenziale impatto dei livelli di vitamina D sulla risposta a Covid-19

In un commento pubblicato nel mese di agosto 2020 su Lancet Diabetes and Endocrinology si sottolinea come le categorie di persone maggiormente a rischio di sviluppare forme gravi di Covid-19 (quelle obese o in età avanzata) siano in molti casi le stesse in cui di solito si registra una carenza di vitamina D.

In effetti, le conoscenze attuali sui meccanismi d’azione della vitamina D potrebbero sostenere l’ipotesi: la molecola è coinvolta nelle reazioni immunitarie contro i virus e inoltre regola le risposte antinfiammatorie in caso di malattie respiratorie.

“È possibile che aumentare i livelli di vitamina D possa ridurre l’impatto del Covid-19, soprattutto nelle popolazioni dove i livelli sono in genere scarsi” concludono gli autori, sottolineando che la raccomandazione varrebbe per chi ha un livello di vitamina D particolarmente basso.

Da cosa dipende la carenza di vitamina D?

L’effetto benefico dell’esposizione al sole, e di conseguenza la sintesi di vitamina D da parte dell’organismo, non è sempre uguale, ma dipende da numerose variabili, come per esempio l’ora in cui ci si espone, la latitudine, l’età, il colore della pelle, l’uso di creme solari – sempre fondamentale per aiutare a prevenire eventuali malattie dell’epidermide – e molto altro ancora. Inoltre, lo stile di vita moderno, che prevede sempre meno ore trascorse all’aperto anche per i bambini, non stimola la formazione della vitamina D e rende la carenza piuttosto comune.

La carenza di vitamina D rimane un problema grave indipendentemente dalla latitudine. Si stima che circa il 50% della popolazione mondiale soffra di carenza di Vitamina D.

La carenza di vitamina D ha un impatto negativo sulla salute dell’apparato scheletrico.  Provoca anomalie nel metabolismo del calcio, fosforo e ossa con osteopenia, osteoporosi e rachitismo.

Secondo alcuni potrebbe anche facilitare lo sviluppo e la progressione di molte ‘malattie della civilizzazione’, come disturbi cardiovascolari, diabete, malattie autoimmuni e cancro (articolo pubblicato sull’International Journal of Molecular Sciences).

Un articolo recentemente pubblicato su Seminars in Cancer Biology ricorda che in generale bassi livelli di vitamina D sono legati a una maggiore incidenza di cancro e i dati più convincenti sono quelli che riguardano il tumore del colon-retto

Altri studi hanno suggerito invece un legame tra bassi livelli di vitamina D e sviluppo di problemi cardiovascolari o aumento del rischio di sclerosi multipla nelle donne

Qual è il fabbisogno giornaliero di Vitamina D?

Il fabbisogno giornaliero di vitamina D è di 400 unità al giorno, in assenza di fattori di rischio. Le dosi possono variare e arrivare fino a 1.000 unità al giorno in presenza di fattori di rischio o patologie varie.

In realtà però non tutte le società scientifiche concordano sulle soglie di vitamina D da considerare minimamente “ottimali”.

In Italia i valori comunemente valutati come ideali sono quelli compresi tra 20 e 40 mg/mL, mentre al di sotto di tale soglia si pensa sia opportuno correre ai ripari, cambiando le proprie abitudini quotidiane e alimentari o, come ultima risorsa, facendo ricorso a eventuali integratori.

In casi a rischio di carenza o ipovitaminosi (ad esempio per i pazienti vegani, malati oncologici, persone affette da diabete di tipo 2, obese, in terapia per l’osteoporosi e per la protezione delle fratture) i livelli ottimali vanno dai 30 ai 50 ng/ml.

Assumere una quantità maggiore di questi prodotti, all’interno sempre di un’alimentazione varia ed equilibrata, è in genere privo di rischi. 

In sintesi la vitamina D:

  • Regola la mineralizzazione ossea
  • Previene le fratture ossee
  • Potenzia il sistema immunitario
  • Ha Proprietà antitumorali
  • Ha effetti antidepressivi
  • Ha un potente effetto antinfiammatorio sistemico
  • Riassorbe il calcio a livello renale
  • Assorbe il fosforo e il calcio a livello intestinale
  • Previene e cura l’influenza stagionale.
  • Stimola la produzione di anticorpi e di macrofagi
  • Previene le malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, il diabete di tipo 1, la sclerosi multipla
  • Previene malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, il Parkinson e la depressione negli anziani.
  • Riduce l’incidenza dei tumori in stato avanzato
  • Favorisce il corretto sviluppo nei più piccoli

Vitamina K

Nei primi anni ‘30 del secolo scorso lo scienziato danese Henrik Dam, che stava studiando il metabolismo del colesterolo nei polli, osservò che quelli che ricevevano un’alimentazione molto povera di grassi avevano tendenza a sviluppare emorragie subdurali o muscolari e che il sangue prelevato da questi animali coagulava molto lentamente. Lo scienziato ipotizzò l’esistenza di un fattore liposolubile che fosse in qualche modo coinvolto nel meccanismo di coagulazione del sangue e che differisse dalle già note vitamine liposolubili A, D ed E. A questo fattore diede il nome di vitamina K (Koagulation vitamin), come riferito dallo stesso Dam in un articolo pubblicato sulla rivista Nature nel 1935

La vitamina K, onaftochinone, appartiene al gruppo delle vitamine cosiddette liposolubili, vale a dire che si sciolgono nei grassi. Viene accumulata nel fegato e non deve dunque essere assunta di continuo, attraverso i cibi. E’ rilasciata dal corpo gradualmente, quando essa diviene necessaria all’organismo.

E’ indispensabile per la coagulazione del sangue (detta Emostasi), processo che serve a riparare le ferite e a evitare emorragie (perdite di sangue).

La vitamina K svolge un ruolo di primaria importanza per la salute dell’apparato cardiocircolatorio, poiché riduce il rischio di formazione di calcificazioni nei vasi sanguigni e di formazione della placca aterosclerotica (arteriosclerosi). La vitamina K2 è quella che sembra apportare più benefici alla salute perché, rispetto alla vitamina K1, esercita un maggiore effetto protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari e degenerative del sistema nervoso

Inoltre, mobilizzando il calcio dai vasi e dai tessuti molli verso le ossa contribuisce a mantenere la salute di queste ultime. La vitamina K2 contribuisce a prevenire l’osteoporosi agendo in sinergia con altre vitamine liposolubili quali la vitamina A e la vitamina D.

Che cosa è esattamente la vitamina K?

La vitamina K assicura il corretto funzionamento di un enzima che permette la sintesi di alcune proteine coinvolte nella coagulazione.

 Abbiamo 3 tipi di vitamina K:

  • K1 detta FILLOCHINONE di origine vegetale e presente nella dieta (Spinaci, broccoli, olive, soia)
  • K2 detta MENACHINONE di origine batterica solitamente intestinale
  • K3 detta MENADIONE di origine sintetica

Le più importanti per la coagulazione sono:

  • vitamina K1 (fillochinone), è la forma naturale della vitamina assunta attraverso l’alimentazione. È presente principalmente negli ortaggi a foglia verde e partecipa attivamente al mantenimento del sistema di coagulazione sanguigna. Serve anche a evitare calcificazioni nelle arterie e permette alle ossa di trattenere il calcio e svilupparsi correttamente
  • vitamina K2 (menachinone), viene prodotta all’interno dell’organismo (produzione endogena), a partire dalla forma K1, dai batteri normalmente presenti nell’intestino. Si trova anche negli alimenti fermentati come il formaggio, nelle uova e nel burro. a fermentazione dei fagioli di soia.

Quali conseguenze comporta la carenza di Vitamina K?

La carenza di questa vitamina che può verificarsi, seppur raramente, in seguito a malattie che ne impediscono l’assorbimento intestinale, o a prolungati trattamenti con antibiotici, comporta quindi emorragie.

I livelli di vitamina K possono essere bassi nei ragazzi e negli adulti con malattie croniche che riducono la capacità di assorbimento a livello intestinale, quali la colite ulcerosa, la fibrosi cistica o la celiachia, così come in seguito a prolungati trattamenti con antibiotici.

Livelli molto bassi possono verificarsi anche nelle persone anziane con fibrillazione atriale o altri problemi cardiaci o che soffrono di trombosi venosa (formazione di coaguli nei vasi sanguigni) e seguono, pertanto, una terapia anticoagulante. I farmaci ad azione anticoagulante (ad esempio, warfarin), infatti, riducono la coagulazione del sangue bloccando proprio l’attività di questa vitamina. In questi casi è raccomandato il controllo regolare dei livelli di coagulazione.

Livelli estremamente bassi di vitamina K possono causare emorragie e sanguinamenti di diversa importanza:

– sangue dal naso

– sanguinamento dalle gengive

– lividi

 -gravi emorragie cerebrali

– indebolimento delle ossa

– osteoporosi

– aumento del rischio di fratture

Qual è il fabbisogno giornaliero di vitamina K?

Il fabbisogno giornaliero per donne e uomini adulti e dai 90 e 120 μg , invece nei bambini di età compresa tra 1 e 18 anni è di 30-75 μg.

Non ci sono indicazioni che un eccesso di vitamina K possa essere dannoso, se non nel caso in cui si assuma una terapia anticoagulante.

In questo caso l’eccesso di vitamina K derivante dagli alimenti potrebbe contrastare l’azione del farmaco, quindi è necessario rivolgersi sempre ad un esperto di nutrizione e integrazione.

In sintesi la vitamina K:

  • agisce come fattore coagulante del sangue
  • riduce il rischio di formazione di calcificazioni nei vasi sanguigni e di formazione della placca aterosclerotica
  • esercita un maggiore effetto protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari e degenerative del sistema nervoso
  • contribuisce a mantenere la salute delle ossa
  • contribuisce a prevenire l’osteoporosi

Perche si devono assumere insieme le Vitamine D e K?

In base a quanto affermato da più di un esperto, la vitamina D3 e la K2 lavorano in sinergia per garantire il nostro benessere. La vitamina D3 aumenta i livelli di calcio nel corpo. La vitamina K2 attiva un meccanismo biochimico che “richiama” il calcio nelle ossa evitando che si depositi nelle arterie o che circoli liberamente

Inoltre, ci sono prove sufficienti per affermare che l’integrazione congiunta di vitamina D3 e K2 insieme potrebbe essere più efficace dell’assunzione separata.

“La vitamina D3 e la K2 lavorano in sinergia per garantire il nostro benessere.

La vitamina D3 favorisce l‘ assorbimento del calcio e la K2 lo veicola dove dovrebbe essere”

Il lavoro, insomma, viene fatto insieme per ottimizzare la salute dell’apparato scheletrico e di quello cardiaco.

La terapia combinata continua con vitamina K2 e D3 può essere utile per aumentare la massa ossea vertebrale nelle donne in post-menopausa, dove a seguito di un drastico calo degli estrogeni e più in generale del quadro endocrino, si rischia una forte demineralizzazione ossea.

Inoltre, l’aumento della funzione della coagulazione osservato durante questa terapia era compreso nell’intervallo fisiologico e non sono state osservate reazioni avverse.

Bibliografia

  • Kanis JA

Fattori di rischio nell’osteoporosi.

Maturitas.1998;30:229-233

  • Scopus (44)
  • PubMed
  • Astratto

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